foto1
Incastonata nelle rocce delle Murge è luogo di Ascolto, Preghiera e Agape
foto1
Eremo San Giuseppe
foto1
foto1
foto1

per informazioni

Calendario eventi

 ◄◄ 
 ◄ 
 ►► 
 ► 
Marzo 2024
Lun Mar Mer Gio Ven Sab Dom
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
28
29
30
31

Iscriviti alla newsletter

Per ricevere direttamente gli eventi sulla tua mail.

“La sollecitudine del pastore e la docilità del gregge”
Le Visite pastorali nella nostra Diocesi

 

 

 

 

 

 

Continuando il cammino

       Dopo aver percorso insieme il triennio che attraverso tre icone bibliche ha orientato la riflessione delle nostre comunità sulla fede (I anno), sulla speranza (II anno) e sulla carità (III anno), in questo nuovo anno pastorale mi è sembrato opportuno coinvolgere tutte le comunità della nostra diocesi in un “esercizio di discernimento” alla luce del cammino fin qui percorso. Tale opportunità è suggerita dalla conclusione della Visita pastorale che ha coinvolto ciascuna parrocchia, ma con uno sguardo più ampio capace di raccoglierne i frutti, sia a livello vicariale che diocesano.

Da più parti, infatti, è emersa l’esigenza di una verifica del nostro itinerario pastorale.
Per questo motivo ho ritenuto utile raccogliere in un’unica pubblicazione dal titolo Memoria fedeltà profezia1 le Lettere inviate alle singole comunità, introdotte dal contributo di un sociologo che offre una chiave di lettura e aiuta ad individuare alcuni aspetti che caratterizzano la nostra
Chiesa diocesana 2. In modo particolare, il sociologo, analizzando i testi, risponde a tre quesiti:
                   a) Come invitare ciascuna delle comunità parrocchiali di questa diocesi ad aprirsi al proprio territorio?
                   b) Come far crescere ciascuna delle comunità parrocchiali nella scelta mistagogica?
                   c) In quale direzione orientare le stesse comunità affinchè assolvano il loro delicato dovere educativo verso i giovani ed i ragazzi?
La pubblicazione viene consegnata ai sacerdoti, ai diaconi, alle parrocchie, alle comunità religiose. Inoltre, voglio sottolineare quanto ho già scritto nella Presentazione dei due volumi: “Lo scopo della pubblicazione è soprattutto quello di aiutare ciascuna comunità a fare memoria della Visita pastorale, sia per verificare il proprio cammino secondo le indicazioni suggerite dal Vescovo, sia per farlo con uno sguardo che, varcando i confini della Parrocchia, sappia leggere la propria storia nel contesto della vita pastorale dell’intera Diocesi”3Proprio perché si tratta di riprendere quanto già è stato offerto in questi anni, la finalità di questa Traccia non è quella di indicare un obiettivo, perché il progetto pastorale resta la scelta mistagogica, ma di dare alcune indicazioni per un discernimento fecondo su quanto abbiamo vissuto dal Sinodo diocesano ad oggi, lasciando come sempre che sia l’Anno liturgico a ritmare il nostro cammino.
Qual è il metodo che ha ispirato le Visite pastorali e le Lettere inviate alle singole comunità? Il discernimento è l’operazione spirituale fondamentale, è la prima e la principale indicazione pastorale, che precede e illumina tutte le altre, in coerenza con la scelta mistagogica.

1. La struttura delle Lettere parte di qui: dall’ascolto del Signore e dei segni dei tempi. Tutte le lettere partono dalla memoria e dalla riflessione sugli eventi liturgici e dai brani della

Scrittura incontrati nei giorni della Visita pastorale: “E’ dovere permanente della Chiesa di scrutare i segni dei tempi e di interpretarli alla luce del Vangelo”, ci ricorda il Concilio (Gaudium et Spes,

 

1 F. CACUCCI, Memoria fedeltà profezia. Visite pastorali 2007-2014, Ecumenica editrice, Bari 2015, voll. 2.
2 L. DIOTALLEVI, Un evento raro in un posto particolare. Interrogativi sociologici sui documenti della Visita Pastorale
   alle parrocchie della Arcidiocesi di Bari-Bitonto, in F. CACUCCI, Memoria fedeltà profezia. op. cit., vol. I, pp. 13-45.
3 F. CACUCCI, Memoria fedeltà profezia. op. cit., vol. I, pp. 9-10.

4). Aprirsi e obbedire al mistero (mistagogia), è aprirsi ai segni della presenza di Dio nella storia e aderirvi coscientemente e responsabilmente (discernimento). Questo non è possibile senza partire dalle concrete condizioni ecclesiali e sociali nelle quali si trovano le singole comunità parrocchiali.
2. Le considerazioni sulla vita della comunità aiutano a comprendere che la presenza di Dio è già nelle vicende della Chiesa e della società. La memoria della comunità in cui operiamo, del territorio in cui viviamo rimanda all’altra parola: fedeltà. La fedeltà alla Parola, ai Sacramenti è la fonte della responsabilità di fronte alla storia. Il discernimento non si occupa di idee, né di persone astratte dal loro contesto, ma fa i conti con le realtà piccole o grandi, della parrocchia concreta, del territorio (persone, associazioni, gruppi, consiglio pastorale parrocchiale, consiglio per gli affari economici, scuole, industrie, istituzioni civili, malati, anziani, ecc.). Non si tratta ogni volta di ripartire “da zero”. Anche se il parroco cambia, col nuovo bisogna conservare una fedeltà creativa.
3. Le indicazioni pastorali orientano lo sguardo verso il futuro. La profezia in senso etimologico vuol dire che siamo portatori di una Parola che non è nostra e che dobbiamo coraggiosamente proporre, indicare, con uno sguardo di fede e di speranza capace di orientare, tra luci e ombre, la comunità parrocchiale nel territorio.
Il cammino mistagogico è un cammino di comunione, di riunificazione di fronte all’aggravarsi del rischio della frammentazione. La circolarità tra Liturgia Parola Carità è un modo per contrastare la frammentazione interiore, la frammentazione tra generazioni, la frammentazione fra ciò che è dentro la Chiesa e ciò che ne è fuori, la frammentazione tra idee e pratica. La priorità che sopravanza tutte le altre è l’incontro settimanale comunitario. Operatori pastorali (catechisti, animatori liturgici, Caritas), gruppi, associazioni, movimenti, hanno ritmi di incontro e di lavoro che spesso contrastano con questa indicazione. Tutte le attività devono assumere ritmi meno intensi per cedere la priorità all’incontro settimanale comunitario. Il soggetto è la comunità intera. Il primato è nell’incontro che vede giovani e adulti operare un discernimento comune, capaci di superare il narcisismo del giovanilismo e il conservatorismo degli adulti. L’incontro settimanale comunitario non serve solo a preparare un rito, quello della Domenica, serve a far sì che sia quella Liturgia a guidare la lettura della nostra esperienza (personale e parrocchiale) e a far sì che, a sua volta, sia la nostra vita e i suoi nodi più importanti a divenire la “materia” della prossima liturgia domenicale.
Comprendiamo allora perché la Traccia per questo nuovo anno pastorale è legata sia ai tre tempi dell’Anno liturgico (Avvento-Natale, Quaresima-Pasqua, Tempo Ordinario), sia a tre pagine bibliche dell’evangelista Luca, contrassegnate dall’immagine del cammino che caratterizza la missione di Gesù e quella dei suoi discepoli: da e verso Gerusalemme, in sintonia con quanto ci sarà offerto dall’Anno giubilare della Misericordia. A questi tre momenti saranno legate le tre parole del titolo della pubblicazione che raccoglie le Lettere pastorali: memoria fedeltà profezia. Non sono semplici riferimenti al passato, al presente e al futuro, ma un richiamo ancora una volta alla scelta mistagogica della nostra Chiesa diocesana, per vivere la celebrazione eucaristica domenicale in modo che la Parola di Dio e i gesti sacramentali possano suscitare una grata memoria, aiutare a vivere la fedeltà nel presente e a orientare con fiducia verso il futuro.

 

A. RISVEGLIARE LA MEMORIA

1. Avvento-Natale: Da Gerusalemme ad Emmaus e da Emmaus a Gerusalemme (Lc 24,13-34) “La carità della memoria si attua non tanto facendo riferimento a quanto nella prassi pastorale si è realizzato, ma alla visione globale che ha accompagnato dal Sinodo Diocesano ad oggi la vita pastorale della nostra Chiesa locale”4 

 

Ib.,vol.I, p. 11.

 

B. VIVERE LA FEDELTÀ
2. Quaresima-Pasqua:“Da Gerusalemme a Gerico” (Lc 10,30-37) “L’identità cristiana si trova, oggi particolarmente, di fronte alla tentazione di rendere marginale il riferimento al Signore Gesù. L’esperienza del Congresso eucaristico nazionale che abbiamo vissuto nel 2005 ci ha aiutato, con l’autorevole intervento di Benedetto XVI, a scoprire la domenica come giorno del Signore, della Chiesa, dell’uomo”5 .

 

C. TESTIMONIARE LA PROFEZIA
3. Tempo Ordinario:“Da Gerusalemme a Gaza” (At 8,26-39) “Certo, senso profetico significa anche senso critico, denuncia, vigilanza; ma non dobbiamo dimenticare che agli oracoli di giudizio, nei profeti si accompagnano sempre oracoli di salvezza, di simpatia, di speranza”6 .

 

A. RISVEGLIARE LA MEMORIA
1. Avvento-Natale
“Da Gerusalemme ad Emmaus e da Emmaus a Gerusalemme” (Lc 24,13-34)

 

 La pagina biblica
Il testo dell’evangelista Luca è molto bello: si fa la descrizione della Chiesa nella storia, segnata anche da momenti di tristezza e di scoraggiamento. Mentre i due discepoli camminano sulla via di Emmaus, Gesù si avvicina, diviene l’Interprete, l’Esegeta della Parola, e si fa riconoscere quando si siede a mensa con loro e li invita alla celebrazione della Cena (Eucaristia). Gesù segue il metodo esegetico giudaico che si chiama: “il metodo delle tre perle”. Le tre perle sono il Pentateuco (La Legge), i Profeti, gli Scritti sapienziali. Il Signore risveglia la loro memoria, riscalda il loro cuore e cambia la loro vita. E impartisce una grande, esemplare catechesi ai discepoli (e a noi) accostandosi e camminando con loro, collegando il Nuovo con l’Antico
Testamento, “rimanendo” con noi attraverso l’Eucaristia, in modo nuovo e definitivo. Il Risorto è il vero, grande Mistagogo7 .
 Nel solco dell’Anno liturgico
Alla memoria delle Scritture segue la Cena con la frazione del Pane (cfr. Lc. 24,30-35). Abbiamo qui la prima descrizione dell’Eucaristia simile alla nostra: dalla strada polverosa del mondo alla liturgia sacramentale della Parola e a quella del Pane e del Vino. Notiamo bene che l’Eucaristia giunge alla fine, e non all’inizio del cammino. Si comincia con il kerigma (l’annuncio pasquale), seguito dalla didachê (la catechesi biblica delle “tre perle”), per giungere alla fractio panis (lo spezzare del Pane, come veniva definita la celebrazione eucaristica dalle prime comunità cristiane).
La gioia di raccogliersi nella celebrazione eucaristica intorno al Risorto, facendone memoria, non spegne il desiderio di contemplarlo “a volto svelato” nella gloria del suo Avvento: “Annunziamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta”.

 

Ibidem.
Ibidem.
7 Cf. F. CACUCCI, La mistagogia. Una scelta pastorale, EDB, Bologna 2006, pp. 29-32.

 

 

La celebrazione dell’Eucaristia, se ne sia coscienti o no, è sempre un tornare a Gerusalemme e un ricominciare da Gerusalemme, un ripartire dal mistero pasquale di Gesù morto e
risorto. Il racconto di Emmaus porta la nostra attenzione su due momenti determinanti nel cammino di conversione dei due discepoli: la memoria della Scritture e i gesti dell’Eucaristia e apre alla missione nel mondo da parte di semplici fedeli, quasi anonimi.

 

- Il tempo di Avvento può essere un’occasione privilegiata per l’accoglienza e la presentazione dei bambini della Iniziazione cristiana. In particolare, nella prima Domenica di Avvento, per introdurli nella comprensione spirituale del sacramento già ricevuto, si possono coinvolgere i bambini con i loro genitori per la “Memoria del Battesimo” durante la celebrazione eucaristica, possibilmente valorizzando il luogo del fonte battesimale.

 

 Per la vita del singolo e della comunità
«Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero» (Lc 24,31). Il buio della sera si è dileguato dal loro cuore e i due, senza indugio, partono e fanno ritorno a Gerusalemme.
È la luce della fede che ha raggiunto Bartimeo, il cieco che riacquista la vista, e che ci ha guidato nell’Anno della fede8. Dobbiamo imparare ad “aprire gli occhi del cuore”. Questo è discernimento, questa è mistagogia, secondo i padri della Chiesa: avere gli occhi per contemplare l’agire di Dio.
A tal proposito vorrei richiamare la Lettera inviata dal Vescovo in occasione dell’ultima visita pastorale. In concreto, questo tempo liturgico dovrebbe vedere le nostre comunità impegnate in una sorta di “sguardo pastorale” che miri ad approfondire la “visione” del territorio nel quale opera la parrocchia per poterne individuare i tratti che la caratterizzano, e discernere alla luce della Parola di Dio come essa può essere una presenza viva tra il popolo che è chiamata a servire.
La nostra Diocesi presenta un territorio ampio ed eterogeneo. E’ questo il momento in cui prendere coscienza che il mistero dell’Incarnazione è criterio essenziale per una pastorale che sa incarnarsi nella storia. Non esiste un modello di pastorale adatto ad ogni tempo e ad ogni situazione.
Tanto meno bisogna essere ostinati nel restare ancorati a un modello di pastorale se non è più capace di rispondere alla realtà. La città presenta una realtà diversa da quella dei paesi, così come
sono diversi i “quartieri” della stessa città. Non si tratta di una questione puramente geografica, ma esistenziale. Il discernimento richiede il coinvolgimento pieno dei laici. Ogni parrocchia, nell’incontro settimanale comunitario è chiamata a rileggere la Lettera inviata alla propria parrocchia, soprattutto in quella parte del titolo: In ascolto del Signore e dei segni dei tempi.
L’itinerario dell’Avvento collega evangelizzazione e accoglienza, nella sua doppia valenza:

 

- accogliere Cristo che viene a salvarci:
- accogliere i fratelli, in particolare i più bisognosi, i profughi, secondo l’appello rivolto da

 

Papa Francesco in prossimità del Giubileo della Misericordia. Tutti nella comunità si devono sentire interpellati.
Dopo il tempo natalizio, il Vescovo incontrerà i Vicariati. In preparazione a questo incontro, almeno i Consigli pastorali parrocchiali si impegnino a leggere le Lettere inviate alle altre parrocchie del Vicariato. Sarà utile un lavoro a livello vicariale che sappia far tesoro delle esperienze delle singole comunità e sappia avviare un dialogo con le parrocchie vicine in modo da
avere uno sguardo più ampio riguardo al contesto nel quale si opera.

 

 

8 Cf. Proposta per l’Anno Pastorale, in Arcidiocesi di Bari-Bitonto, Guida liturgica 2012-2013.

 

B. VIVERE LA FEDELTÀ
2. Quaresima-Pasqua
“Da Gerusalemme a Gerico” (Lc 10,30-37)

 

 La pagina biblica
La parabola del Buon Samaritano presentata da Luca ci conduce su un percorso che da
Gerusalemme scende verso Gerico. Essa è raccontata da Gesù per rispondere alla domanda
dell’interlocutore: “Chi è mio prossimo?” (Lc 10,29). Tuttavia, la parabola capovolge la domanda
portando a chiedersi: di chi sono chiamato a farmi prossimo? “A dispetto della domanda dello
scriba, la risposta di Gesù pone l’accento sul verbo amare più che sul prossimo da aiutare”9
. In
questo modo, la parabola non si limita a considerare solo il secondo comandamento della Torah,
bensì esplicita il rapporto tra i due comandamenti: l’amore per Dio e l’amore per il prossimo.
Come nel racconto dei due discepoli di Emmaus, anche in questa pagina biblica siamo
chiamati a considerare il percorso offerto dalla parabola: da Gerusalemme a Gerico. Se
Gerusalemme, con il suo tempio richiama il culto offerto a Javhè, il cammino che “scende” da
Gerusalemme si offre come metafora dell’impegno che ogni credente è chiamato a vivere:
prolungare il culto verso Dio nell’amore verso il prossimo. La strada verso Gerico è la strada che
ancora oggi porta verso le periferie della storia, alle quali già due anni fa abbiamo dedicato la nostra
attenzione10
.
 Nel solco dell’Anno liturgico
Una colletta del tempo di Quaresima chiede aiuto a Dio “perché possiamo vivere e agire
sempre in quella carità, che spinse il tuo Figlio a dare la vita per noi”11
. Vogliamo subito ricordare
a questo proposito l’impegno che lo scorso anno ci ha coinvolti come Chiesa diocesana: “Vogliamo
percorrere decisamente e profeticamente un itinerario per essere-carità, con un’attenzione ai poveri
mai dissociata dal mistero di Cristo povero”12
. Il tempo di Quaresima-Pasqua, celebrando questo
Mistero, non solo sollecita la nostra fedeltà, ma spinge a realizzarne le conseguenze alla luce della
parabola del Samaritano.
In questo tempo, ancora alla luce delle indicazioni del papa, la meditazione sulle parabole
della misericordia sarà certamente utile per riscoprire la ricchezza e il valore del sacramento della
Confessione. Ma non sarà sufficiente offrire più occasioni ai fedeli per celebrare questo sacramento,
se non li si aiuterà a comprenderne l’autentico valore, così da goderne in pieno la grazia. Non
possiamo continuare a lamentarci dei fedeli che disertano il confessionale se non li aiutiamo,
soprattutto in questo anno, a scoprire la ricchezza che offre loro il sacramento della Riconciliazione.
La disponibilità di noi sacerdoti si deve moltiplicare con una presenza più assidua proprio in
confessionale.
- Anche per il tempo di Quaresima sarà opportuno pensare al coinvolgimento dei bambini
della Iniziazione cristiana insieme ai loro genitori. In particolare, nella prima Domenica di
Quaresima si possono presentare alla comunità i bambini che nel tempo pasquale celebreranno il
sacramento della Confessione e riceveranno la Prima comunione, chiedendo ai genitori di
esprimere pubblicamente il loro impegno ad accompagnare i figli con la preghiera e la

9 B. MAGGIONI, Il racconto di Luca, Cittadella editrice, Assisi 2009, p. 217.
10 Cf. F. CACUCCI, Lo splendore della speranza. Verso le periferie della storia, EDB, Bologna 2013.
11 Messale Romano, Colletta della V domenica di Quaresima.
12 F. CACUCCI, Rinascere all’amore. Il mistero di Nicodemo, EDB, Bologna 2014, p. 10.
7
testimonianza. Allo stesso tempo, sarebbe auspicabile invitare anche i genitori ad accostarsi al
sacramento della Confessione nella stessa celebrazione dei loro figli.
 Per la vita del singolo e della comunità
Con un Prefazio della liturgia13 la Chiesa rende grazie a Dio perché Cristo “ancor oggi come
buon samaritano viene accanto ad ogni uomo piagato nel corpo e nello spirito e versa sulle sue
ferite l’olio della consolazione e il vino della speranza”. Cristo è il buon samaritano presentato
dalla parabola; la sua carità è la sua vita donata per noi.
Avere presente questo tratto caratteristico della carità cristiana deve orientare lo sguardo
prima di tutto sulla comunità che si raccoglie intorno all’altare: essa è riflesso della carità celebrata
sull’altare. La fedeltà all’amore di Cristo si esprime prima di tutto nelle relazioni all’interno della
comunità, nello stile di vita che caratterizza la stessa comunità.
Il tempo di Quaresima-Pasqua si offre come tempo propizio per riprendere quanto nella
Lettera si riferisce alle Considerazioni sulla vita della comunità.
In questa prospettiva è più facile comprendere perché nelle Visite pastorali alle varie
comunità ho sempre sottolineato il significato e il valore dell’incontro comunitario settimanale.
Uno dei motivi è quello di alimentare lo spirito di carità attraverso la disponibilità a vivere la
comunione tra i vari gruppi parrocchiali e a favorire il dialogo tra giovani e adulti. Ma, allo stesso
tempo, lo scopo è quello di avere sempre presente che nella vita comunitaria ogni programma non è
semplicemente frutto di buone iniziative, ma nasce dal confronto con la liturgia domenicale nella
quale la comunità ritrova la propria identità e si lascia interpellare dalla Parola di Dio. Per questo la
proposta dell’incontro settimanale non va interpretato e organizzato come una semplice
preparazione alla liturgia domenicale.
Là dove non è stato ancora possibile attuare queste indicazioni, il tempo di QuaresimaPasqua
può essere un’occasione privilegiata per iniziare a gustare la scelta mistagogica che guida e
orienta il cammino della comunità.
Lo sguardo, a questo punto, deve allargarsi. Come spiega un padre del V secolo, Severo
Patriarca di Antiochia: “Tu pensi spesso, nella tua ignoranza, che il tuo prossimo sia colui che
condivide la tua stessa religione o la tua stessa nazionalità. Io invece dico e definisco come
prossimo chi partecipa alla tua stessa natura ed è uomo come te” (Omelia 89).
Allora potremo accogliere in modo più pieno e consapevole l’appello di papa Francesco: “Di
fronte alla tragedia di decine di migliaia di profughi che fuggono dalla morte per la guerra e per la
fame (…), il Vangelo ci chiama, ci chiede di essere «prossimi», dei più piccoli e abbandonati”.
C. TESTIMONIARE LA PROFEZIA
3. Tempo ordinario
“Da Gerusalemme a Gaza” (At 8,26-39)
 La pagina biblica
Il racconto dell’incontro tra Filippo e l’eunuco etiope è collocato in un contesto storico che
vede la comunità cristiana vivere due situazioni contrastanti: da una parte l’accoglienza entusiasta
della Parola di Dio, dall’altra la persecuzione che flagella la comunità, come testimonia il martirio
di Stefano. Tuttavia, quello che la storia fa leggere come una contraddizione, agli occhi del credente

13 Messale Romano (II ed.), Prefazio comune VIII.
8
si rivela come un’azione dello Spirito che attraverso la persecuzione rende più forte e autentico
l’annuncio del Vangelo. Questo vuol dire amare Dio “con tutta l’anima”.
Il nostro brano biblico riportato dall’evangelista Luca nel libro degli Atti degli Apostoli
presenta anch’esso un itinerario: è il cammino che da Gerusalemme conduce verso Gaza, quindi
verso il paese di provenienza dell’etiope, protagonista del racconto.
Quello che Gesù ha fatto con i discepoli di Emmaus ora lo fa Filippo con lo straniero: aprirlo
al senso delle Scritture, alla luce del mistero pasquale di Cristo.
 Nel solco dell’Anno liturgico
C’è un tratto caratteristico del tempo ordinario molto spesso sottovalutato, o addirittura
interpretato come una diminuzione rispetto agli altri tempi liturgici. Infatti, mentre nel tempo di
Avvento-Natale e Quaresima-Pasqua il Messale Romano offre un formulario liturgico per ogni
giorno, nel Tempo ordinario il formulario dei giorni feriali è lo stesso della domenica, eccettuate le
memorie e le feste. Possiamo interpretare tale “mancanza” come una ricchezza, perché sottolinea la
centralità della domenica e impone di pregare con l’eucologia domenicale lungo tutta la settimana,
facendo diventare il “Giorno del Signore” il Signore dei giorni”, così come si esprime Eusebio
d’Alessandria14
.
Il Tempo ordinario, piuttosto che diventare un tempo di “normale amministrazione” ci
sollecita ad una seria riflessione sull’impegno missionario che attende ogni comunità. L’incontro
del diacono Filippo con lo straniero etiope ricorda l’incontro di Gesù con la Samaritana, che come
brano biblico ha accompagnato due anni fa il cammino della nostra Chiesa diocesana, orientando la
nostra riflessione sulle periferie della storia. In quella circostanza riflettemmo su come la “periferia
è ogni uomo costretto a vivere ai margini della storia e delle relazioni” prendendo coscienza che è
verso di lui “che sentiamo l’urgenza di far arrivare l’annuncio della misericordia di Dio, anche
attraverso la testimonianza delle nostre comunità”15
. Risuonano ancora le parole di Papa Francesco:
“La speranza cristiana è combattiva, con la tenacia di chi va verso una meta sicura”.
Il carro dell’eunuco etiope attraversa ancora oggi le nostre strade paradossalmente deserte,
proprio perché troppo affollate. A noi è affidata la responsabilità di raggiungere, sedendoci accanto,
chi legge, ma non comprende, e si ritrova da solo a cercare un senso alla vita e alla storia.
- Il Tempo ordinario coinvolge molte comunità nei campi scuola offerti ai bambini, ai
ragazzi, ai giovani per il tempo estivo. In una domenica precedente tali esperienze si può invitare
qualche bambino o ragazzo o giovane a presentare alla comunità il tema scelto per l’esperienza
estiva e invitare la comunità pregare per loro.
 Per la vita del singolo e della comunità
Il diacono Filippo che sale sul carro insieme all’eunuco diventa immagine eloquente e
suggestiva della missione e del ruolo educativo della comunità, in particolare dell’attenzione e della
responsabilità degli adulti verso le nuove generazioni.
In uno studio sul rapporto tra i giovani e la fede, si parla di “prima generazione incredula”,
affermando che siamo di fronte ad “una generazione che non si pone contro Dio e contro la Chiesa,
ma ad una generazione che sta imparando a vivere senza Dio e senza la Chiesa”16
. Ma questo stile
di vita non tocca solo i giovani perché, come già ricordava Papa Benedetto XVI, “il grande
problema dell’Occidente è la dimenticanza di Dio: è un oblio che si diffonde”17
. Forse il nostro Sud,

14 Cfr. EUSEBIO d’ALESSANDRIA, Sermone 16. Sul giorno del Signore.
15 F. CACUCCI, Lo splendore della speranza, p. 9.
16 A. MATTEO, La prima generazione incredula. Il difficile rapporto tra i giovani e la fede, Rubettino Editore, Soveria
Mannelli 2010, p.16.
17 PAPA BENEDETTO XVI, Discorso alla Curia Romana, 22 dicembre 2006.
9
e la Puglia in particolare, “si distingue per essere riuscita meglio di altre aree della stessa penisola e
dell’intera Europa continentale ad intraprendere vie di modernizzazione ed a conservare un
cristianesimo di natura popolare e di forma ecclesiale, nonché in uno stato di salute piuttosto buono,
per lo meno in termini comparativi”18
. Tuttavia, anche se non sperimentiamo sempre in modo
dilagante questa situazione di “oblio di Dio”, non possiamo ignorarne i germi. L’attenzione verso le
nuove generazioni è un impegno che mira a non sottovalutare le conseguenze che tale situazione
comporta.
Dobbiamo prendere atto che abbiamo una responsabilità nei confronti dei giovani che oggi,
come l’etiope sul suo carro, si ritrovano da soli e forse incapaci di comprendere quanto leggono.
Dobbiamo chiederci prima di tutto se abbiamo fiducia in loro oppure siamo anche noi complici di
una cultura che, come scrive Papa Francesco ai giovani, “crede che voi non siate in grado di
assumervi responsabilità, crede che voi non siate capaci di amare veramente”19
. L’impegno verso i
giovani può assumerlo solo chi ha fiducia in loro. Dobbiamo recuperare con le nuove generazioni
un dialogo capace di trasmettere la fede che noi stessi abbiamo ricevuto da parte di chi ci ha
preceduto e si è preoccupato di noi.
È un’indicazione pastorale centrale nelle Lettere che vi ho inviato.
La responsabilità della fede ci chiama ad essere non cronisti, ma profeti della storia. Non
siamo chiamati a raccontare i fatti, ma la presenza di Dio in quello che accade. Solo in questo modo
potremo aiutare i giovani a camminare con fiducia verso un futuro pieno di speranza20
.
+ Francesco Cacucci
Arcivescovo



Copyright © 2024 Copyright Oasi Santa Maria Rights Reserved.